Discorso preparato dal
Santo Padre ai giovani a TORINO
Cari giovani,
vi ringrazio di questa accoglienza
calorosa! E grazie per le vostre domande, che ci portano al cuore del Vangelo.
La prima, sull’amore, ci
interroga sul senso profondo dell’amore di Dio, offerto a noi dal Signore Gesù.
Egli ci mostra fin dove arriva l’amore: fino al dono totale di sé stessi, fino
a dare la propria vita, come contempliamo nel mistero della Sindone, quando in
essa riconosciamo l’icona dell’«amore più grande». Ma questo dono di noi
stessi non deve essere immaginato come un raro gesto eroico o riservato a
qualche occasione eccezionale. Potremmo infatti correre il rischio di cantare
l’amore, di sognare l’amore, di applaudire l’amore... senza lasciarci toccare e
coinvolgere da esso! La grandezza dell’amore si rivela nel prendersi cura di
chi ha bisogno, con fedeltà e pazienza; per cui è grande nell’amore chi sa
farsi piccolo per gli altri, come Gesù, che si è fatto servo. Amare è farsi
prossimo, toccare la carne di Cristo nei poveri e negli ultimi, aprire alla
grazia di Dio le necessità, gli appelli, le solitudini delle persone che ci
circondano. L’amore di Dio allora entra, trasforma e rende grandi le piccole
cose, le rende segno della sua presenza. San Giovanni Bosco ci è maestro
proprio per la sua capacità di amare e educare a partire dalla prossimità, che
lui viveva con i ragazzi e i giovani.
Alla luce di questa trasformazione,
frutto dell’amore, possiamo rispondere alla seconda domanda, sulla sfiducia
nella vita. La mancanza di lavoro e di prospettive per il futuro certamente
contribuisce a frenare il movimento stesso della vita, ponendo molti sulla
difensiva: pensare a sé stessi, gestire tempo e risorse in funzione del proprio
bene, limitare i rischi di qualsiasi generosità... Sono tutti sintomi di una
vita trattenuta, conservata a tutti i costi e che, alla fine, può portare anche
alla rassegnazione e al cinismo. Gesù ci insegna invece a percorrere la via
opposta: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la
propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,24). Ciò significa che non
dobbiamo attendere circostanze esterne favorevoli per metterci davvero in
gioco, ma che, al contrario, solo impegnando la vita – consapevoli di perderla!
– creiamo per gli altri e per noi le condizioni di una fiducia nuova nel
futuro. E qui il pensiero va spontaneamente a un giovane che ha davvero speso
così la sua vita, tanto da diventare un modello di fiducia e di audacia
evangelica per le giovani generazioni d’Italia e del mondo: il beato Pier Giorgio
Frassati. Un suo motto era: «Vivere, non vivacchiare!». Questa è la strada per
sperimentare in pienezza la forza e la gioia del Vangelo. Così non solo
ritroverete fiducia nel futuro, ma riuscirete a generare speranza tra i vostri
amici e negli ambienti in cui vivete.
Una grande passione di Pier Giorgio
Frassati era l’amicizia. E la vostra terza domanda diceva proprio: come
vivere l’amicizia in modo aperto, capace di trasmettere la gioia del Vangelo?
Ho saputo che questa piazza in cui ci troviamo, nelle sere di venerdì e sabato,
è molto frequentata da giovani. Succede così in tutte le nostre città e paesi.
Penso che anche alcuni di voi vi ritroviate qui o in altre piazze con i vostri
amici. E allora vi faccio una domanda – ciascuno ci pensi e risponda dentro di
sé –: in quei momenti, quando siete in compagnia, riuscite a far “trasparire”
la vostra amicizia con Gesù negli atteggiamenti, nel modo di comportarvi?
Pensate qualche volta, anche nel tempo libero, nello svago, che siete dei
piccoli tralci attaccati alla Vite che è Gesù? Vi assicuro che pensando con
fede a questa realtà, sentirete scorrere in voi la “linfa” dello Spirito Santo,
e porterete frutto, quasi senza accorgervene: saprete essere coraggiosi,
pazienti, umili, capaci di condividere ma anche di differenziarvi, di gioire
con chi gioisce e di piangere con chi piangere, saprete voler bene a chi non vi
vuole bene, rispondere al male con il bene. E così annuncerete il Vangelo!
I Santi e le Sante di Torino ci
insegnano che ogni rinnovamento, anche quello della Chiesa, passa attraverso la
nostra conversione personale, attraverso quella apertura di cuore che accoglie
e riconosce le sorprese di Dio, sospinti dall’amore più grande (cfr 2
Cor 5,14), che ci rende amici anche delle persone sole, sofferenti ed
emarginate.
Cari giovani, insieme con questi
fratelli e sorelle maggiori che sono i Santi, nella famiglia della Chiesa noi
abbiamo una Madre, non dimentichiamolo! Vi auguro di affidarvi pienamente a
questa tenera Madre, che indicò la presenza dell’«amore più grande»
proprio in mezzo ai giovani, in una festa di nozze. La Madonna «è l’amica
sempre attenta perché non venga a mancare il vino nella nostra vita» (Esort.
ap. Evangelii gaudium,
286). Preghiamo perché non ci lasci mancare il vino della gioia!
Grazie a tutti voi! Dio vi benedica
tutti. E per favore, pregate per me.
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